Un milione e mezzo di bambini soffre di patologie mentali. Ma nessuno se ne accorge

Corridoi che si intrecciano , nel buio. Poi laggiù, dove arrivare sembra impossibile, una porta blindata si apre. È il padiglione Ford. Viene indicato con il colore grigio nel reticolo di mille vie dell’ospedale Bambino Gesù, Roma.

Entriamo, vediamo un ragazzo che fissa con gli occhi un punto fermo, senza distogliere lo sguardo. Ha 16 anni e fino a ieri frequentava un liceo romano. Ottimi voti, rappresentante di classe, una vita normale. Una quotidianità di amici, libri e uscite. Poi la rottura improvvisa e quella psicosi che gli ha strappato la parola e lo sguardo. Cammina nel corridoio illuminato solo da luci artificiali. Passi automatici, strascicati sul pavimento lucido, lo trascinano fino alla sala comune del reparto di neuropsichiatria infantile.

Il nostro viaggio continua.

Piccole righe rosse che attraversano le braccia, una cartina geografica di tagli che indica la strada verso il malessere: ha 14 anni e girovaga tra i letti del reparto. Nei giorni scorsi chiedeva alle mamme di altre pazienti se le potevano portare un piccolo temperamatite. «Uno di quelli in plastica che si usa per fare la punta», diceva. Quando lo ha conquistato, si è nascosta e lo ha rotto. Poi ha tirato fuori la lama e se l’è conficcata nella carne. Ci sono voluti giorni prima che gli infermieri riuscissero a comprendere come facesse a procurarsi i tagli. Hanno interrogato tutti i genitori, alla fine sono riusciti a capire. Da quel momento è scattata l’ennesima precauzione: prima di entrare devono essere tutti perquisiti.

Un’altra piccola paziente ha le mani intrecciate intorno alle ginocchia. Stringe qualcosa tra il petto e quell’abbraccio forzato verso se stessa. Il volto deturpato dal nero di occhi che hanno perduto il sonno. Ha deciso di rimanere vicino alla porta blindata. E da lì osserva bene il passaggio.

In Italia si stima, sulla base di diverse ricerche scientifiche e statistiche, che siano un milione e cinquecentomila i minori che soffrono di una patologia mentale. Ma solo al 20 per cento di loro è stata diagnosticata una malattia. Le ricerche scientifiche raccontano un rosario di patologie: schizofrenia, disturbi bipolari, anoressia, bulimia. E ancora: depressione, epilessia, autismo. Per poi continuare l’elenco che arriva fino alle psicosi precocissime, diagnosticate anche sotto i 12 anni.

Il principale problema è che l’accesso gratuito alle cure – quelle scientificamente sperimentate e adatte ai bambini e agli adolescenti – nel nostro Paese è possibile solo in pochissimi centri.

Basti pensare che il reparto di neuropsichiatria infantile del Bambino Gesù, con i suoi otto posti letto, è l’unico ospedale di riferimento del centro-sud, tra un mese terminerà la sua ristrutturazione. E in tutta Italia ci sono solo 79 posti letto dedicati a minori che hanno patologie psichiatriche. Decisamente troppo pochi. Così chi non riesce a farsi ricoverare in strutture specializzate finisce spesso in reparti dedicati agli adulti, con il rischio di rimanere traumatizzato.

Tra interrogazioni parlamentari, audizioni in commissione e psichiatri che fanno la staffetta dagli ospedali a Palazzo Montecitorio, ancora siamo agli inizi di un dibattito che dovrebbe essere molto più avanzato. Il numero dei tentati suicidi da parte dei minori, ad esempio, aumenta anno dopo anno. A Roma, dove nel 2013 erano stati 14 i minorenni che hanno provato a togliersi la vita, nel 2016 i ricoveri per tentato suicidio di minori sono stati 120. Quasi decuplicati.

Per il responsabile del reparto di neuropsichiatria infantile del Bambino Gesù, il professor Stefano Vicari, «nell’80 per cento dei casi è la depressione che spinge questi bambini a togliersi la vita. Soltanto il 20 per cento di loro ha problemi psichiatrici di natura diversa».

Le cause? Spesso difficili da capire. Altre volte più evidenti: alcuni sono vittime di bullismo, altri hanno alle spalle primi amori spezzati o brutti voti che diventano il motivo scatenante di un gesto estremo. Oppure, talvolta, una litigata più accesa in famiglia. Come è accaduto al bambino di dieci anni che si è gettato sotto un treno del metrò, a Roma, dopo una discussione con la mamma. È stato salvato, ora si cerca di capire quali disagi pregressi lo abbiano portato alla scelta di provare a morire.

Troppe volte, del resto, la malattia psichiatrica nei bambini e negli adolescenti non viene neppure diagnosticata. Nessuno si accorge che hanno bisogno di cure. «Quando questo accade, nel migliore dei casi i bambini crescono tenendosi queste patologie. E la via della guarigione, una volta adulti, è impossibile da perseguire», dice Vicari.

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