La sindrome della capanna o del prigioniero fa riferimento a quelle persone che hanno vissuto abbastanza bene il confinamento e non hanno più voglia di uscire di casa.
Abbiamo contato i giorni, per poter di nuovo uscire, respirare l’aria fresca e riprendere un po’ di sole. All’improvviso ci troviamo davanti il fatidico momento in cui è davvero possibile, ma adesso non ci va più.
È una sensazione mista di paura e di insicurezza, di tristezza o ansia per il cambiamento che ci troveremo davanti, unito alla mancanza di un obiettivo. La sindrome della capanna o del prigioniero, è un malessere temporaneo o può durare molto tempo?
Cos’è la síndrome del prigioniero?
La sindrome del prigioniero o della capanna è una sindrome che implica la voglia di continuare a rimanere nel proprio rifugio e non voler uscire da esso. Non è una vero e proprio disturbo mentale, ma è associato normalmente a una condizione particolare collegata a un lungo periodo di clausura, come per esempio una malattia, o una condizione patologica, o nel caso che abbiamo appena vissuto, alla pandemia del Coronavirus.
È una sindrome che si è presentata precedentemente nelle regione del Nord America, dove il freddo inverno porta alla chiusura totale, ma è un termine (e conseguentemente anche una sindrome) non riconosciuta completamente a livello psicologico e scientifico, poiché manca di letteratura e casistica. Sono stati evidenziati comunque alcuni casi in cui dove un paziente dopo un lungo ricovero o presidio, abbia sviluppato insicurezza, paura e ansia verso il mondo esteriore. E sembra che questa sensazione stia accompagnando anche molto persone alla fine del lockdown.
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