Cosa sono i disturbi dell’apprendimento?

I DSA sono disturbi del neurosviluppo che riguardano la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente che si manifestano con l’inizio della scolarizzazione.
In base al tipo di difficoltà specifica che comportano, i DSA si dividono in:

DISLESSIA: disturbo specifico della lettura che si manifesta con una difficoltà nella decodifica del testo;
DISORTOGRAFIA: disturbo specifico della scrittura che si manifesta con difficoltà nella competenza ortografica;
DISGRAFIA: disturbo specifico della grafia che si manifesta con una difficoltà nell’abilità motoria della scrittura;
DISCALCULIA: disturbo specifico dell’abilità di numero e di calcolo che si manifesta con una difficoltà nel comprendere e operare con i numeri.

Questi disturbi dipendono dalle diverse modalità di funzionamento delle reti neuronali coinvolte nei processi di lettura, scrittura e calcolo.
Non sono causati né da un deficit di intelligenza né da problemi ambientali o psicologici o da deficit sensoriali.

In Italia la dislessia è ancora poco conosciuta, anche se si stima che ci sia almeno un alunno con un DSA per classe.
Leggere, scrivere e calcolare per noi sono atti così semplici ed automatici che risulta difficile comprendere le difficoltà che riscontrano i bimbi o i ragazzi dislessici.
Spesso questi ragazzi vengono erroneamente considerati svogliati e la loro intelligenza spiccata dà il via a valutazioni come “è intelligente ma non si applica”.
Questi ragazzi non hanno problemi cognitivi legati alla comprensione e, al di là dello studio, sono intelligenti, vivaci, socievoli e creativi.

FONTE: https://www.aiditalia.org/it/la-dislessia

Le psicopatologie nei sopravvissuti alla covid

C’è urgente bisogno di seguire, valutare e curare anche i guariti dalla covid: secondo uno studio condotto dal San Raffaele di Milano, oltre la metà delle persone che hanno ricevuto una qualche forma di trattamento ospedaliero per CoVD-19 riporta almeno un sintomo di disturbi come ansia, depressione, stress post-traumatico, insonnia o altre manifestazioni. La storia personale di ciascuno, la durata del ricovero e anche il genere del paziente influiscono sull’entità di questi strascichi, che vanno trattati prima che possano degenerare in condizioni croniche fortemente debilitanti.

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https://www.focus.it/scienza/salute/disturbi-psichiatrici-nei-guariti-dalla-covid

Lo psicologo aiuterà gli studenti a reinserirsi a scuola

Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, commenta positivamente  l’iniziativa del Ministero dell’Istruzione , contenuta nel Protocollo per il riavvio in sicurezza dell’anno scolastico di prevedere un supporto psicologico a disposizione delle scuole.

“Il 14 settembre, quando i ragazzi torneranno in classe, sarà importante che i loro insegnanti non si facciano sovrastare dall’ansia di recuperare subito il programma scolastico arretrato. Conta di più rigenerare l’abitudine a vivere la scuola come un luogo di formazione, dopo che bambini e ragazzi sono rimasti per un tempo così lungo a casa. C’è bisogno di tranquillizzare il cervello emotivo dei ragazzi, prima di rimettersi in marcia per l’acquisizione di nuove conoscenze. Su questo aspetto la consulenza di uno psicologo può essere molto utile per la scuola”.

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https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/20_agosto_20/ammaniti-sara-durainsegnanti-genitoridicano-bambiniche-loro-aiuto-servira-ac21d9ae-e31b-11ea-89b3-b56dd0df2aa2.shtml

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Vademecum per i genitori

L’Ordine degli Psicologi della Lombardia e il Comune di Milano hanno steso un interessante vademecum per i genitori con figli nella fascia 0-10, utili a gestire la seconda fase dell’emergenza.

Cinque sono le parole chiave da ricordare:

1️. SINTONIA con i bisogni emotivi dei figli
2️. SPIEGAZIONI di norme e divieti congrue alle diverse età
3️. COINVOLGIMENTO nell’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (dpi)
4️. RASSICURAZIONE di ansie e paure
5️. NARRAZIONE chiara e costante di ciò che avviene intorno a loro

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La sindrome della capanna e il non volere uscire di casa

 La sindrome della capanna o del prigioniero fa riferimento a quelle persone che hanno vissuto abbastanza bene il confinamento e non hanno più voglia di uscire di casa.

Abbiamo contato i giorni, per poter di nuovo uscire, respirare l’aria fresca e riprendere un po’ di sole. All’improvviso ci troviamo davanti il fatidico momento in cui è davvero possibile, ma adesso non ci va più.

È una sensazione mista di paura e di insicurezza, di tristezza o ansia per il cambiamento che ci troveremo davanti, unito alla mancanza di un obiettivo. La sindrome della capanna o del prigioniero, è un malessere temporaneo o può durare molto tempo?

Cos’è la síndrome del prigioniero?

La sindrome del prigioniero o della capanna è una sindrome che implica la voglia di continuare a rimanere nel proprio rifugio e non voler uscire da esso. Non è una vero e proprio disturbo mentale, ma è associato normalmente a una condizione particolare collegata a un lungo periodo di clausura, come per esempio una malattia, o una condizione patologica, o nel caso che abbiamo appena vissuto, alla pandemia del Coronavirus.

È una sindrome che si è presentata precedentemente nelle regione del Nord America, dove il freddo inverno porta alla chiusura totale, ma è un termine (e conseguentemente anche una sindrome) non riconosciuta completamente a livello psicologico e scientifico, poiché manca di letteratura e casistica. Sono stati evidenziati comunque alcuni casi in cui dove un paziente dopo un lungo ricovero o presidio, abbia sviluppato insicurezza, paura e ansia verso il mondo esteriore. E sembra che questa sensazione stia accompagnando anche molto persone alla fine del lockdown.

LEGGI L’ARTICOLO INTERO: https://www.guidapsicologi.it/articoli/la-sindrome-della-capanna-e-il-non-volere-uscire-di-casa

Bisogna indossare la mascherina: 8 consigli per insegnarlo ai bambini

Stiamo vivendo la fase 2, per la quale il recente Dpcm prevede per tutti la necessità di utilizzare la mascherina a scopo preventivo, con alcune eccezioni che riguardano l’età pediatrica. Ne sono esentati infatti i bambini sotto i sei anni e i soggetti con forme di disabilità non compatibili con l’uso continuativo della mascherina.

Per i bambini sotto i due anni in tutto il mondo le indicazioni dei pediatri escludono in modo tassativo il ricorso all’utilizzo della mascherina. Per bimbi così piccoli, infatti, indossare una mascherina aumenterebbe il rischio di soffocamento e questo è il motivo alla base della controindicazione assoluta. Dopo i due  anni e prima dei sei anni, l’uso della mascherina non è previsto dalla legge, ma al tempo stesso non risulta controindicato dalle norme di sicurezza. Dopo i sei anni invece, il decreto ministeriale impone anche ai bambini l’utilizzo di tale presidio di prevenzione in situazioni in cui possono condividere spazi che prevedono il contatto, seppure con il distanziamento sociale, con altri soggetti.

Sarà necessario, perciò, nelle prossime settimane allenare i bambini in età scolare a fare uso di tale presidio. Un compito non facile, come sanno molti genitori che ci hanno provato. La mascherina infatti risulta fastidiosa, non appartiene alle abitudini già acquisite dal bambino e quindi potrebbe provocare molti rifiuti e proteste da parte loro. Per questo motivo, vi proponiamo 8 consigli, facili da seguire, proposti dal dott. Pellai, Medico Psicoterapeuta dell’età evolutiva.

1. ALLENATEVI A CASA. Nei primi giorni, allenatevi a casa, tenendole indossate per periodi crescenti. Prima cinque minuti, poi dieci, poi trenta. Questo “allenamento” serve ad abituare il bambino a tenere sul volto un oggetto con cui non ha alcuna famigliarità e che gli procura anche un evidente fastidio.

2.SPIEGATEGLI CHE STANNO FACENDO UNA COSA MOLTO IMPORTANTE. Spiegate sempre al bambino l’importanza della mascherina, in termini di “azione positiva, coraggiosa e generosa” che lui fa per la protezione di persone che ne hanno bisogno. La mascherina, infatti, non protegge i bambini da un rischio elevato per loro, in quanto sappiamo che la casistica pediatrica rispetto al coronavirus è modesta sia in termini qualitativi che quantitativi. Al tempo stesso, sappiamo che limitare il contagio che può partire dai bambini è di importanza cruciale per ridurre l’incidenza della malattia tra persone vulnerabili, primi fra tutti i nonni. Far sentire al bambino che il suo “piccolo gesto” può avere una rilevanza fondamentale per salvare la vita di un’altra persona, renderà molto elevata la motivazione del bambino stessa e lo renderà un attivo e attento collaboratore di questa norma di prevenzione.

3.ALLENATEVI DAVANTI A UNO SPECCHIO. E’ importante che i bambini sappiano cosa vuol dire indossare in modo adeguato ed efficace la loro mascherina. Per questo, fategli fare prove davanti ad uno specchio in cui vedano quali sono i modi efficaci di indossare tale presidio e quali sono invece le modalità inefficaci. Per essere efficace nel proteggere le altre persone dal rischio di contagio, l’uso della mascherina deve prevedere la copertura completa del naso e della bocca.

4.LODATELI. Ogni volta che li vedete gestire bene la loro mascherina e aderire alle norme di prevenzione, sottolineate con parole adeguate quanto li ammirate nel vederli capaci e responsabili e quanto essi stessi devono sentirsi orgogliosi del loro comportamento. Le vostre parole e la vostra lode rappresentano per loro il miglior rinforzo a “stare” nel comportamento atteso.

5.RACCONTATE UNA STORIA O FATE UN GIOCO. Trasformate l’adozione della mascherina in un rituale condiviso, magari sotto forma di gioco o danza divertente, oppure sotto forma di storia o filastrocca da raccontare mentre state uscendo di casa.

6.PERSONALIZZATE LE MASCHERINE PER I BAMBINI. Soprattutto per i bambini di 6-8 anni, può essere utile dotarvi di cover per mascherina che riproducono personaggi dei cartoni animati o motivi di fantasia che loro apprezzano in modo particolare. Avere a disposizione differenti cover, permetterà al bambino di scegliere quella del “giorno” e di sentirsi “attivo” e padrone di una scelta, di fronte ad un comportamento che gli viene imposto e rispetto al quale non è possibile per legge nessuna forma di negoziazione.

7. DATE SEMPRE L’ESEMPIO. Più i bambini vi vedranno rispettosi di una regola che vale per tutti, più impareranno dal vostro esempio e lo utilizzeranno come stimolo per il proprio comportamento.

8. L’ECCEZIONE CHE CONFERMA LA REGOLA. Se siete all’aperto, ma in un luogo deserto, come un sentiero di montagna o un bosco, la mascherina può essere rimossa. Allenare il bambino a comprendere egli stesso le situazioni in cui essa serve e le eccezioni che ne permettono il non utilizzo, lo aiuterà a diventare sempre più autonomo nella gestione di questo presidio di prevenzione.

FONTE: http://magazine.familyhealth.it/2020/05/08/bisogna-indossare-la-mascherina-8-consigli-insegnarlo-ai-bambini/

CORONAVIRUS, gli adolescenti hanno dimostrato di essere migliori degli adulti

Lo psicologo Matteo Lancini, presidente della Fondazione Minotuauro, non ha dubbi: «In questa fase di emergenza gli adolescenti saranno gli ultimi a mollare, sanno che una relazione può essere profonda anche se mediata da un supporto digitale. Per troppo tempo li abbiamo infantilizzati. Con loro ricominciamo a parlare di morte e sofferenza, sono parte della vita e non si possono rinnegare. Ma adesso chiedono attenzione per il loro futuro. Dagli insegnanti ai genitori, nessuno si può sottrarre»

LEGGI ARTICOLO INTERO: http://www.vita.it/it/interview/2020/04/16/coronavirus-gli-adolescenti-hanno-dimostrato-di-essere-migliori-degli-/327/?fbclid=IwAR2YmEki1jXU9X0zs1-q0PtwGmKr4aPZeapQKrZgOUpYFEU1ZRG3MiC6iSY

Il dramma nel dramma delle morti senza lutto

Impossibile l’ultimo saluto ai proprio cari scomparsi per il virus. La psicologa Isabella Cinquegrana, presidente della Sipem SoS Lazio: “Senza riti difficile elaborare la perdita”

Una persona che sta male e viene ricoverata d’urgenza, il resto della famiglia bloccata in casa in quarantena, poi la comunicazione del decesso. Niente funerali, rinviati a data da destinarsi, e niente ultimo saluto, nè ancora in vita nè, almeno, post mortem.

La morte ai tempi del coronavirus è ancora più spietata, anche per chi rimane, ed è anche compito degli psicologi aiutare a superare un trauma così forte e inaspettato.

LEGGI L’ARTICOLO INTERO

https://www.agi.it/cronaca/news/2020-03-17/coronavirus-morti-senza-funerale-lutto-7619266/

Affidate la salute psicologica ai professionisti

In questa situazione critica si presentano molti problemi e bisogni di tipo psicologico nella popolazione. E si vedono molte iniziative e proposte che non sono chiaramente riconducibili a professionisti qualificati ed abilitati per legge ad intervenire su queste delicate problematiche.

La valutazione dei problemi psicologici prevede infatti l’utilizzo di strumenti psicodiagnostici idonei, il colloquio clinico, la consultazione e quando vi è necessità di intervento forme di sostegno e/o di psicoterapia.

Attività che richiedono una formazione specifica e l’utilizzo di linee guida o di buone prassi, sia in presenza che a distanza. Che l’Ordine degli Psicologi ha emanato in passato e ad hoc per le attività legate alla pandemia.

LEGGI L’ARTICOLO INTERO

https://www.psy.it/la-salute-psicologica-va-affidata-ai-professionisti.html?fbclid=IwAR3AYZVwsm0BtSNUbm4v2_3qfVjT-e1n1x2ALro1DuIG5ui2Qj3xrTnaCUs

Coronavirus, “Ai bambini bisogna dire la verità per placare le ansie”

Intervista alla presidente della Società Psicoanalitica italiana e psichiatra infantile, Anna Maria Nicolò

ROMA – La pandemia che attenta ai nostri tanti anziani; l’Italia, un paese senza più bambini; le scuole chiuse, deserte; i parchi sprangati. I bambini a casa con genitori in smart working, o magari in ferie obbligatorie, o presto in cassa integrazione. I bambini come ‘possibili untori’, i meglio difesi rispetto al Coronavirus, sembrano scomparsi: dalle cronache così come dalle strade delle città. Come stanno vivendo questa esperienza? E cosa possiamo fare per aiutarli? E’ la presidente della Società Psicoanalitica italiana e psichiatra infantile, Anna Maria Nicolò, intervistata dalla Dire, a dare alcuni suggerimenti e consigli. La situazione generale piombata sulla società non è da sottovalutare. Quanto ai bambini- ha spiegato- bisogna considerare la situazione claustrofobica e il bombardamento mediatico al quale sono sottoposti. Va distinta certamente l’età del bambino- ha chiarito la psichiatra- perché con l’età cambia la capacità di rapportarsi con l’angoscia, e molto dipende dal fatto che i genitori riescano a contenerla o meno”.

LEGGI L’ARTICOLO INTERO:

https://www.dire.it/23-03-2020/437737-coronavirus-ai-bambini-bisogna-dire-la-verita-per-placare-le-ansie/